sabato 3 luglio 2010


in questo caldissimo pomeriggio di sabato leggo hikmet seduta sul letto. la brezza muove con dolcezza le tende, fuori qualcuno taglia l'erba, le cicale tengono compagnia alle voci di bambini che rincorrono una pallone ed io torno a leggere hikmet.


Mi sono spogliato dell'idea della morte

ho infilato il fogliame di giugno dei viali

quello di maggio era un pò giovanile per me

tutta un'estate mi attende tutta un'estate in città

con le sue pietre il suo asfalto fuso

le sue gazzose il suo ghiaccio

le sue sale di cinema sudate

gli attori di provincia dalla voce rotonda

con i suoi tassì che spariscono

nei grandi giorni delle partite

con i suoi alberi nel parco dell'Hermitage

che sembran quinte di carta

sotto la luce delle lampade

forse con le canzoni messicane o i tamtam del Ghana

con le poesie che leggerò al balcone

e con i tuoi capelli un pò accorciati

tutta un'estate di città mi attende

ho infilato il fogliame di giugno dei viali

mi sono spogliato dell'idea della morte.


Hikmet, nato a Salonicco nel 1902, apparteneva ad una famiglia artisocratica turca. Il nonno paterno Nazim Pascià era anch'egli scrittore e poeta di lingua ottomana ovvero di una lingua in cui la maggior parte delle parole erano arabe o persiane. Il nonno materno, nobile polacco, era militare di carriera, ma anche filologo e storico. Il padre era una diplomatico, la madre aveva studiato a Parigi e nell'insieme Hikmet crebbe in un clima molto favorevole se non addirittura ideale, alla nascita di un poeta. La sua vita non fu, nonostante ciò, facile ma egli seppe coglierne la poesia nonostante anni di prigionia ed esilio.



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