in questo caldissimo pomeriggio di sabato leggo hikmet seduta sul letto. la brezza muove con dolcezza le tende, fuori qualcuno taglia l'erba, le cicale tengono compagnia alle voci di bambini che rincorrono una pallone ed io torno a leggere hikmet.
Mi sono spogliato dell'idea della morte
ho infilato il fogliame di giugno dei viali
quello di maggio era un pò giovanile per me
tutta un'estate mi attende tutta un'estate in città
con le sue pietre il suo asfalto fuso
le sue gazzose il suo ghiaccio
le sue sale di cinema sudate
gli attori di provincia dalla voce rotonda
con i suoi tassì che spariscono
nei grandi giorni delle partite
con i suoi alberi nel parco dell'Hermitage
che sembran quinte di carta
sotto la luce delle lampade
forse con le canzoni messicane o i tamtam del Ghana
con le poesie che leggerò al balcone
e con i tuoi capelli un pò accorciati
tutta un'estate di città mi attende
ho infilato il fogliame di giugno dei viali
mi sono spogliato dell'idea della morte.
Hikmet, nato a Salonicco nel 1902, apparteneva ad una famiglia artisocratica turca. Il nonno paterno Nazim Pascià era anch'egli scrittore e poeta di lingua ottomana ovvero di una lingua in cui la maggior parte delle parole erano arabe o persiane. Il nonno materno, nobile polacco, era militare di carriera, ma anche filologo e storico. Il padre era una diplomatico, la madre aveva studiato a Parigi e nell'insieme Hikmet crebbe in un clima molto favorevole se non addirittura ideale, alla nascita di un poeta. La sua vita non fu, nonostante ciò, facile ma egli seppe coglierne la poesia nonostante anni di prigionia ed esilio.
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